martedì 8 dicembre 2009

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Buckminster Fuller. Tutti voi conoscete questo straordinario personaggio, autore di alcune delle più interessanti ricerche sullo spazio architettonico dell'ultimo secolo. Fu colui che elaborò, nel 1929, lo schema della 4D Tower - un grattacielo di metallo prefabbricato, trasportato da un dirigibile Zeppelin - e che nel dopoguerra si dedicò alla maniacale messa a punto di un guscio a cupola - il Necklace Dome - esposto per la prima volta nel 1949 nel giardino del Pentagono a Washington. Per i suoi esperimenti sulle cupole geodetiche, concepite con i materiali più diversi, Fuller si appoggiò con fiducia e decisione alle autorità militari americane, ed arrivò a progettare e realizzare tutta una serie di varianti da usare nell'ambito del sistema di difesa nazionale contro un eventuale attacco aereo russo, negli anni più aspri della guerra fredda tra navicelle targate USA e Sputnik comunisti. Nel 1958 Fuller aveva reso noto il suo progetto di sparare sulla Luna delle strutture "tensegrali" - un neologismo che combinava "tensione" e "integrità" -
o di usarle come satelliti per la navigazione nel Cosmo.
Bene, quasi ci siamo. Tutto questo sta per avere una materializzazione. La ricerca "visionaria" di Buckminster Fuller sta per essere tradotta in realtà architettonica tangibile ed usufruibile.
L'Agenzia Spaziale Europea ha infatti commissionato allo studio di Norman Foster il progetto di studiare le applicazioni al mondo delle costruzioni dei materiali raccolti nello spazio dalle missioni Apollo e Gemini in avanti e di considerare la possibilità di costruire sul nostro satellite strutture permanenti che consentano agli astronauti di trasformarsi in veri e propri esploratori dei misteri del mondo lunare, eseguendo per lunghi periodi esperimenti sulla vita nello spazio.
E' ufficialmente l'apertura di un'Era e non credo che neanche la più megalomane delle fantasie professionali l'avrebbe mai neppure immaginata. Eccetto quella di Buckminster Fuller.
Cosa c'entra l'Architettura "stellare" con CONNECTION? Molto. In quanto sempre il barone rampante dell'High Tech è l'autore del primo "spazio-porto" del Mondo - che è la naturale evoluzione dell'aero-porto - il Virgin Galactic di Rowell (nel New Mexico, dove i fedelissimi giurano sia che sia caduto il primo UFO nel 1947), ideato e finanziato da Richard Branson (Virgin group) che ha investito 250 milioni di euro per sviluppare un nuovo sistema di lancio del fantascentifico Spaceship Two, l'ultima frontiera nel campo del volo e la prima porta verso il nuovo turismo interstellare. Il progetto di Foster è una gigantesca "razza" adagiata sul fianco di una collina ed è il punto di svolta di una tecnologia dove industria satellitare e industria delle costruzioni si troveranno alleate in una nuova fase della complessa, ma affascinante, globalizzazione del pianeta. L'attività dello Spazio-Porto di Rowell è prevista che inizi nel vicinissimo 2010, anno in cui si dovrebbero concludere i lavori di cantiere. Per quanto riguarda gli step di avvicinamento al primo volo turistico oltre la linea di Karman (sono i 100 chilometri di quota internazionalmente riconosciuti come la frontiera ufficiale dello spazio) la "White Knight 2", la navicella madre che trasporta la"Space Ship Two" è impegnata in voli di prova. L'esemplare ha in programma il terzo volo test prossimamente con l'obiettivo di raggiungere la quota di 20 mila piedi. Per quanto riguarda la "Space Ship Two" ossia la navicella con motore a reazione che, staccandosi dall’aereo madre, porterà a 110 chilometri sei passeggeri paganti per volo, l’implementazione è prevista in autunno con il primo volo prospettato per il 2010. La White Knight 2, oltre ad essere l’aereo madre del sistema, è una piattaforma per ricerche di alta quota con due cabine in grado di ospitare personale e apparecchiature. “L’obiettivo è essere commercialmente redditizi e spingerci oltre il suborbitale, compresi i voli ipersonici per passeggeri che consentiranno di collegare, ad esempio, Londra e Sydney in 2 ore” afferma la direttrice vendite di Virgin Galactic.
Londra / Sydney in due ore.
Questa è la vera notizia che ci interessa, come capirete facilmente.
Certo, anche pensare di poter andare a lavorare sulla Luna è una prospettiva interessante, ma è dei "tempi lenti" dei flussi che ci stiamo interessando in particolare con questa comunicazione, e quei "tempi lenti" stanno subendo un'evoluzione impensabile solo venti anni fa. Anche nel Bel Paese se ne potranno sentire le conseguenze per via dell'Alta Velocità che permette di andare dalla Capitale economica alla Capitale istituzionale in meno di tre ore, e dalla nostra provincialissima città a Milano in meno di una, con innumerevoli vantaggi per chi, come noi, ha frequente necessità di tavoli di lavoro globalizzati che si possono trovare solo in certe parti del Paese. E tutto questo concorre a creare quella geografia "intercittà" a cui facevamo riferimento alcune comunicazioni fa. Una geografia nella quale dovranno coesistere condizioni di percezione della realtà secondo "tempi lenti" ma anche secondo "tempi veloci"; una geografia nella quale il concetto di "genius loci" avrà necessariamente bisogno di essere se non proprio abbandonato (cosa che auspico succeda presto) almeno oggetto di una rilettura profonda, tale cioè da permettere di capire che quei "geni benefici" che dovrebbero, secondo le più diffuse teorie accademiche, animare i luoghi non hanno nè origine naturale (quasi scaturissero dal suolo) nè soprannaturale (come se discendessero dal cielo) ma - ebbene sì - esclusivamente culturale.
Quei "geni" sono presenti in quei luoghi perchè abitano il nostro sguardo e abitano il nostro sguardo perchè provengono dall'arte. Lo spirito che aleggia e che "ispira" tali siti è semplicemente quello dell'arte che, tramite il nostro sguardo, artificia il paese in paesaggio. Ma se non capiamo bene questo corriamo il rischio di non sapere dare un giudizio di valore a tutti quei luoghi che concorreranno nel prossimo futuro (anche quello veramente prossimo del Workshop) alla definizione del paesaggio che farà da scena alla nostra Vita.
Nel nostro caso non abbiamo da valutare l'impatto su un tessuto urbano ed il suo paesaggio di uno Spazio-porto, ma "solamente" di un polo intermodale. Le conseguenze sono, evidentemente, molto differenti, Ma nella definizione delle equazioni del sistema che utilizzerete - con le vostre formule fenomenologiche - per risolvere lo specifico stato di complessità davanti al quale ci troviamo con questo progetto x Modena, sarà indispensabile dare una valutazione critica della cultura alla quale si fa riferimento e si attinge per le scelte progettuali. A questo proposito vi suggeriamo una domanda alla quale sarà obbligatorio rispondere se vorremo offrire ai nostri interlocutori proposte di qualità :
disponiamo o no dei modelli che ci consentono di cogliere ciò che abbiamo sotto gli occhi?


MP

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