lunedì 14 dicembre 2009

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Qualche biennale di Architettura di Venezia fa ho visto e commentato uno splendido intervento nel padiglione Canadese realizzato dal giovane Studio di Vancouver Pechet and Robb Art & Architecture (http://www.pechetandrobb.com/index.html). L'azione più fondamentale e più sorprendente del progetto è l'inserimento, all'interno del padiglione, di un gigantesco giubbotto di felpa, la cui leggibilità viene letteralmente soppiantata dalla creazione di un rivestimento interno estremamente "accattivante" per i nostri sensi.
L'installazione parte dalla nuova cultura del Design diffusa nella giovanissima e vivacissima città di Vancouver, la cui stravagante conformazione geografica costringe entro limiti non negoziabili, le attività legate all'insediamento e all'edificazione urbana.
Il carattere urbano di Vancouver è animato dalle attività legate allo svago ed al tempo libero, da una preoccupazione costante nei confronti dell'ambiente e dall'ottimismo intrinseco di una popolazione veramente molto eterogenea che vuole fare di questa nuova ultima frontiera, la propria casa.

Benchè galvanizzanti in termini di flusso di capitali e convenzioni di gusto domestico, certe speculazioni di design vengono spesso a collocarsi lungo un perimetro culturale.
La natura essenzialmente piatta dell'attuale edilizia urbana è indagata da più agili esplorazioni, connesse ai giardini, all'arredamento, alla scenografia e alle installazioni d'arte pubblica, sempre con uno sguardo critico e non di rado ironico rispetto alle fragili esperienze vissute di questo luogo.
Le realizzazioni di Pechet e Robb includono diverse installazioni in contesti pubblici che anticipano ed anche persino innescano l'invenzione di nuove pratiche sociali.
In un regno urbano senza precedenti queste installazioni possono essere interpretate come inviti temporanei, in attesa che la forza della presenza edificata sia accolta nella quotidianità della vita.

Oltre a rappresentare la cifra del lavoro di Pechet e Robb, fra routine ed improvvisazione, questo sguardo critico segna una relazione diretta tra le azioni del designer e quelle del cittadino.
Per coltivare significati personali che possiedono infinite sfumature, entrambi devono impegnarsi in una revisione provvisoria dell'ambiente in cui si trovano. La città viene letta, in questo modo, in una cornice di interessi individuali particolari, che si intersecano e si scontrano in continuazione, finendo con il disegnare la comune identità di collettività stratificate.
Con allusione alle costruzioni aborigene note con il nome di "sweatlodges" (strutture temporanee costruite a scopi di purificazione rituale e di socializzazione), il progetto SweaterLodge evoca un'altra vena di potenziale suggestione della cultura nativa: quella del trickster. Usando giochi di parole, allusioni arcane e doppi sensi, Pechet e Robb rivelano una valida strategia in grado di consentire ai valori delle minoranze un certo grado di invisibilità all'interno della cultura dominante. Grazie anche ai cambi di scala ed alla generale inclinazione a decontestualizzare ciò che può essere considerato famigliare, il lavoro di Pechet e Robb funge da stimolo tanto a livello viscerale che intellettuale ed il suo significato ultimo viene continuamente costruito e ricostruito dagli individui che vi partecipano, esprimendo in modo esemplare quella condizione di ralazionalità a cui tanto facciamo riferimento nelle nostre comunicazioni.

Il materiale, genialmente e squisitamente effimero, derivante dal riciclaggio di moltissimi contenitori di bevande in plastica, ingigantito fino a diventare il giubbotto di un titano, viene nuovamente trasformato in un confortevole interior texture che evoca un po' le scenografie di Barbarella, e ricorda, allo stesso tempo, la sostanziale parentela dell' architettura con il riparo offerto dagli abiti. La cifra della complessità e della sostanza di questo progetto è ciò che noi chiamiamo architettura.



MP

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