venerdì 13 novembre 2009

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E' complessa la realtà contemporanea? Mha, forse. Di sicuro è incomprensibile ad una persona superficiale.
Ed è inquietante per chi superficiale non lo è..............e questo è bello. E' vivo. Faticoso. Ci piace.

Oggi un numero sempre crescente di di spazi urbani è inserito all'interno del sistema globale e digitale. Un caso esemplare per definizione è quello del centro finanziario, che è collegato molto di più con i mercati finanziari globali che con l'economia della città o del paese in cui ha sede. Su una scala molto diversa, ma percorrendo la stessa strada, non passerà molto tempo prima che un gran numero di residenti urbani cominci a percepire la sfera "locale" come una specie di microambiente con portata globale; siamo certi di questo anche se sussistono molti bizzarri ostacoli al naturale fluire delle cose, specialmente nel "bel paese". Questo sviluppo coinvolgerà tutti, anche attori poveri e persino marginali. Questo risultato, questo particolare "effetto" potrà essere di beneficio per lo spazio urbano (se ci pensate bene, anche se in scala ridotta, già è così) in quanto almeno una parte di ciò che continuiamo a rappresentare e a vivere come qualcosa di locale - che ne so...........un edificio, l'amata piazza (....mamma mia la piazza!), un nucleo famigliare, un'organizzazione culturale che abbiamo fondato con degli amici nel quartiere, ecc - avrà una sua collocazione non soltanto nel luogo concreto in cui lo vediamo, ma anche sulle reti digitali che si espandono su tutto il globo. Un crescente numero di entità ubicate nelle città globali si sta collegando con altre entità analoghe in città vicine e lontane. Questo vuol dire luoghi contaminati.

Che cosa significa per una città contenere una proliferazione di questi uffici, di queste famiglie o di queste organizzazioni orientate verso la dimensione globale eppure molto localizzate, radicate? E qual'è il significato del "contesto" in tali condizioni? Il centro finanziario di una città globale, o la sede degli attivisti per i diritti dell'uomo non sono orientati verso ciò che li circonda fisicamente, ma verso prospettive globali, mondiali in senso letterale. Nella sua versione più estrema. la città diventa uno straordinario amalgama di molteplici frammenti colorati, posizionati su diversi circuiti transurbani. Poichè le Città e le Regioni urbane vengono sempre di più attraversate da circuiti non locali, inclusi quelli globali (ma non solo), molto di ciò che percepiamo come locale in quanto "situato nel nostro luogo, nel luogo che conosciamo" non è necessariamente tale nel senso tradizionale del termine.
Ciò da vita a un particolare insieme di interazioni nel rapporto della città con la sua topografia urbana. La nuova spazialità urbana così prodotta è parziale in un modo doppio:
a) rende conto soltanto in parte di ciò che accade nelle città e di ciò che, diciamo così, riguarda alla città;
b) abita soltanto parte di quello che potremmo considerare lo spazio della città, sia che si concepisca quest'ultimo come ambito amministrativo della città stessa, sia che lo si intenda nel senso dei vari tipi di "immaginario" presenti nei diversi settori della popolazione cittadina( ricordate la folla festosa quando il neoeletto sindaco dichiarò che " qui non si farà mai nessuna metropolitana...", ecco stiamo parlando di quegli immaginari collettivi..)
Se però pensiamo che lo spazio sia produttivo e che renda possibili nuove configurazioni, allora questi sviluppi doppi e parziali segnalano una meravigliosa molteplicità di possibilità. Questa idea ci porta ad una osservazione. Potrebbe essere che proprio ciò che manca (.......l'hub di transportation che origina il workshop ad esempio...) nella topografia urbana si riveli fonte di un nuovotipo di potenziale "intercittà"? In un'epoca nella quale un sempre maggiore numero di persone, di opportunità economiche, di problemi sociali, di opzioni politiche si concentra nelle città, per avere un'idea sia pur vaga di cosa è la realtà che ci circonda dobbiamo indagare in quale modo i governi urbani possano operare internazionalmente al fine di promuovere una sorta di governo globale. E per fare questo in modo minimamente sensato si deve ipotizzare che le città, o più precisamente reti internazionali di città, dovranno contribuire al lavoro del governo globale e farlo in modo attivo, senza stravolgimenti di tipo burocratico o politico, ma seguendo in modo fisiologico lo sviluppo dell'esigenza primaria della nostra epoca che è la comunicazione delle informazioni. Questo deve avvenire per almeno due ragioni:
1) la prima riguarda il fatto che nelle città troviamo concentrata una crescente parte di quasi tutte le componenti fondamentali delle nostre architetture politiche e sociali, fra cui importanti componenti organizzative dell'economia globale.
2) la seconda ragione è che la maggior parte delle principali dinamiche globali attraversa le città, in alcuni casi soltanto temporaneamente, in altri casi in modi e usi più durevoli.
Le grandi aziende globali hanno ancora bisogno delle imponenti concentrazioni di risorse specializzate ed ultramoderne che soltanto la città può riunire e, come sappiamo ora, anche le reti del terrorismo globale organizzato necessitano di varie risorse, fra cui una è l'anonimia che la città può offrire. Comunque, per non turbare i più delicati, nella città contemporanea e nella sua più prossima evoluzione, queste dinamiche tendono a raggrupparsi in modi che non sono possibili in altro tipo di luogo. Ciò rende la città un sito, meglio un luogo, enormemente concreto e, a sua volta, rende concreti e più leggibili molti di tali processi globali. Immaginate allora una rete di città con queste caratteristiche. Capite subito che queste condizioni possono agevolare molto il lavoro di un governo globale. Anzi, probabilmente è l'unico modo che c'è per gestirle in modo adeguato.

Ma c'è un più ampio paesaggio entro il quale possiamo comprendere la possibilità delle città di contribuire al governo globale. Storicamente le città sono state il luogo di molte delle nostre migliori innovazioni politiche (il "belpaese" ha una storia invidiata in merito a ciò che ognuno di voi conosce perfettamente), fra cui gli ideali civici e la cittadinanza (concetto poi molto esteso). Ora noi stiamo vivendo una fase di transizioni che ecessariamente richiederanno un rinnovamento del senso di ciò che dovrà essere politico, di più, direi che necessita una evoluzione della sfera d'azione della politica e del concetto di cittadinanza. Il sistema politico formale è sempre meno capace di affrontare le problematiche che stanno diventando sempre più quelle fondamentali che ci troviamo a vivere quotidianamente; tra queste problematiche le più importanti sono quelle che abbiamo discusso nei paragrafi precedenti e che riguardano il potere e la globalità dei principali attori economici, universo in grande fermento e costante evoluzione (non state a sentire i politici nostrani, per cortesia..). Molte di queste sfide - o almeno una parte consistente della loro traiettoria - avviengono nelle città. I residenti e le autorità urbane dovrebbero partecipare allo sforzo necessario per far fronte alle sfide di governo che insorgono in questo, ebbene si!, nuovo contesto sociale globale. Attenzione: molto di ciò che riteniamo e definiamo globale, si materializza di fatto nelle città e nelle geografie "intercittà" prodotte dalla globalizzazione economica, culturale e politica. Dovete riconoscerlo ed imparare a consideralo materiale utile al designer.
I molteplici circuiti specializzati che costituiscono queste "geografie intercittà", sono in realtà i ritrovi della poltica "intercittà". Non si tratta di un "ONU delle città", si tratta invece di far scendere il globale al livello del suo momento urbano concreto e di riconoscere in quale misura le specifiche sfide di una città possano essere presenti in alcune o molte delle altre città. Queste sfide coprono una gamma sempre più ampia di problematiche economiche, culturali e politiche e persino alcuni tipi di violenza armata che pensavamo possibili solo su campi di battaglia formali! I residenti e le autorità delle città sono abituati ad affrontare situazioni concrete.

Il ricorrere, il ripresentarsi sempre più frequente, di particolari situazioni globali in alcune (ma sempre in numero maggiore) città, fornisce una piattaforma incorporata per una gestione transfrontaliera di tali situazioni globali. Sia chiaro: la maggior parte di ciò che la città deve affrontare rimarrà un problema "domestico". Tuttavia, nelle città sta approdando un numero sempre crescente di quelle che abbiamo chiamato "situazioni globali"; sono queste evenienze che una gestione "intercittà" può aiutare a governare. "Intercittà" diventa un sistema operativo tipo linux, adeguato a tutte le piattaforme e con incredibili potenzialità per ogni coniugazione che se ne fa. Ciò non significa che sia necessario sostituire il governo nazionale e sopranazionale (cerchiamo di capirci...non significa buttare il pc...anche se io lo consiglio), ma significa cogliere le particolari situazioni urbane che hanno un ruolo sempre più rilevante nelle dinamiche del nostro tempo. E le situazioni urbane non sono più legate al "campanile". Voi dovete capirlo. Non c'è niente di drammatico o di pauroso. E' così e basta.
E' molto peggio averne paura e cercare di "trattenerlo" o "controllarlo". Come facevano i cinesi nell'antichità, che per non perdere le donne del gruppo gli fasciavano i piedi in modo che non si sviluppassero normalmente e loro non potessero scappare. Il risultato era ottenuto a discapito di uno storpio creato. Se non lasciamo che la globalizzazione contamini in modo spontaneo le nostre vite, lasciandone il controllo ai naturali anticorpi, non otterremo delle città migliori, ma solo deformi. Ad un importante meeting un assessore mi disse"......ma cosa vuole arch. la gente nella nostra città è fatta così, non vuole edifici alti! E noi non facciamo costruire edifici alti........"
Va bè.....

MP

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