sabato 14 novembre 2009

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Città globali. Spazi pubblici. Situazioni globali ricorrenti. Informalizzazione.
















Due immagini: una fotografia del Central Park di New York (progettato da Olmstead) ed il modello della Ville Radieuse alla Fondazione Le Corbusier, di Le corbusier, appunto. Osservate insieme, le due immagini offrono un forte senso del tipo di spazio urbano lasciatoci in eredità dai tempi moderni. Ai designer che lavorano sullo spazio pubblico del nostro tempo esse offrono una specie di codice genetico. In entrambe il primo piano assume la forma di uno scenario naturalistico dal quale emergono, all'orizzonte le sagome degli edifici alti e dei grattacieli. E' come se gli alberi alimentassero i grattacieli - è questa un'idea neopittoresca che sfoca i confini dell'architettura e del paesaggio-. Convincente. E utile.
Mentre i modelli storici di spazio pubblico supportavano narrazioni legate alla religione o alla giustizia o alla potenza militare, questo spazio o rappresenta alcun tipo speciale di potere. La sua natura è tale che ci consente di isolarci, di evitare il contatto sociale. I più interessanti spazi pubblici creati nei decenni scorsi indagano sempre questa idea dell'individuo isolato nel mezzo di un ambiente gremito.
L'inserimento di ambienti di tal genere in qualsiasi progetto di ricostruzione urbana è un requisito assolutamente essenziale per il loro successo Allorchè nel mezzo di un contesto gremito si realizzi un luogo vuoto, un luogo senza programma, il successo dell'intera area è garantito. Naturalmente dobbiamo avere una certa dimestichezza con l'elemento "vuoto", che come sappiamo è il materiale principale che utilizza il designer. Un esempio vissuto di recente: San Sebastian in Spagna. Viene collocata in un angolo di una delle più popolari spiagge spagnole una scultura di Chillida (.......non ne possiamo più di sentirvi dire "chi è?"....è uno dei grandi scultori della nostra epoca!).
In quella parte di spiaggia non vi era praticamente nulla, ma dopo la realizzazione dell'installazione (land art....) cominciarono ad apparire nuovi edifici e nuovi modi di utilizzare la città. Il bisogno di isolamento non è una questione di gusto. E' una qualità che ora, in maggiore o minore misura, tutti inseguono. In passato cercavamo lo spazio per incontrare gli altri, oggi, con il telefono cellulare, la rete, l'accresciuta mobilità, siamo esposti a così tanti contatti sociali che il bisogno di tranquillità diventa preminente.
Questo è una di quelle situazioni globali ricorrenti a cui ci siano riferiti nelle riflessioni fatte fin precedenza.

Un tempo lo spazio pubblico rivestiva un altro ruolo: era luogo di rappresentanza politica. Ma nel momento in cui hanno scoperto la televisione i politici hanno abbandonato completamente lo spazio pubblico. Giustamente. Alla degenerazione dell'idea storica di spazio pubblico ha contribuito anche la comparsa di ambienti ibridi (....non luoghi?) quali i centri e le gallerie commerciali, spazi chiusi ad alcuni segmenti sociali, anche se esistono catene di supermercati di indirizzo economico che, per certi versi, li sostituiscono. Ma sempre in quella direzione andiamo. Pensiamo che gli spazi introspettivi siano sempre di più gli unici ambienti che riescono a comunicare un senso di verità, di semplicità naturale (dal Tao e lungi dall'essere un concetto semplice) alla nostra società.
Possiamo dire che il ruolo rappresentativo dello spazio pubblico si è spostato da un ideale collettivo ad un ideale individuale. E non stiamo parlando di progettare pensando una nuova tipologia di piazza. Stiamo semplicemente parlando di non progettarne più. Infatti, se ci fate caso, la grande maggioranza dei concorsi di architettura nel nostro paese riguarda la "reinvenzione" di piazze esistenti scivolate nell'oblio. E questo, ma è un pensiero mio, lo considero un peccato. Infatti frequentemente le ragioni dell'oblio sono legate a scelte di vincolo e normative che ne hanno impedito il fisiologico adattamento alle nuove condizioni al contorno. E così il cerchio si chiude.
Una coniugazione interessante che ci piace dare a questa evoluzione e che ne continua, in parte, la memoria collettiva (per buona pace di alcuni..), è l'applicazione di una tipica ideologia globale, quella della realizzazione di spazi pubblici secondo principi (virtuosi) di sostenibilità. Esistono molti modi di interpretare il concetto di memoria. Alcuni, i più banali, si sono diffusi come le erbe infestanti nel bel prato all'inglese della cultura di massa, con risultati imbarazzanti. Altri, come quello accennato, un po' più frizzanti e portatori di quella necessaria capacità relazionale che ogni progetto contemporaneo deve possedere per avere un minimo di espressività e di senso.
Ma non allontaniamoci troppo. Oggi si voleva parlare di spazi pubblici.


MP



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