mercoledì 18 novembre 2009

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Negli ultimi cinquecento anni almeno, il principale sviluppo delle città ricche di tutto il mondo è stato la crescita verso l'esterno, caratterizzata in genere da una densità di popolazione decrescente e dalla spinta dei ceti benestanti in una direzione e dei meno abbienti dall'altra. Questo tipo di sviluppo ha contraddistinto la Roma antica, contraddistingue Londra fin dal XVII e contraddistingue le odierne città di quasi tutti i continenti. Di fatto, quasi ogni cosa ritenuta centrale in una città è stata, in un certo momento della storia, periferica. Per questo sono scettico riguardo alla disciplina della storia delle periferie. Se applicata in modo appropriato, questo campo verrebbe a coincidere del tutto con quello della storia urbana.
L'idea che nel XXI secolo convenga impedire di colpo alle città di espandersi ulteriormente personalmente la considero abbastanza discutibile. I progetti che tentano di arginare la crescita verso l'esterno imponendo limiti allo sviluppo, dalla Londra dell'immediato dopoguerra all'odierna filosofia di quasi tutti i PSC italici, hanno prodotto molti effetti indesiderati, tra cui, in particolare, le limitazioni nella fornitura dei terreni, il costo elevato degli spostamenti e l'impatto eccessivo sulla popolazione della fascia socioeconomica più bassa.

Dal punto di vista storico, il motivo addotto per avvalorare queste misure di compattazione è sempre stato quello di creare una "migliore forma urbana"(il centro con un certo tipo di gente è più carino....) e di "proteggere le aree rurali". D'altro canto, l'adeguatezza della forma urbana è sempre stata una questione fortemente soggettiva. Ed in effetti solo da pochi anni, l'avanguardia architettonica sta iniziando a scoprire la bellezza dello sviluppo urbano incontrollato (informale).
Di sicuro non vi è alcun motivo di proteggere tanto i terreni agricoli come facciamo nel Bel Paese, in quasi tutta Europa e nell'America settentrionale. In queste regioni, quasi tutti i paesi producono cibo in eccesso, con tutte le incredibili trafile burocratiche che ciò innesca (vedi le quote latte di recente memoria o le montagne di arance distrutte nelle discariche in Sicilia), e dunque non solo questo approccio è costoso per tutti i sussidi necessari, ma i sussidi stessi hanno anche permesso ai grandi produttori agricoli dell'occidente di battere sui prezzi gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, arrecando danni indicibili all'economia delle zone svantaggiate del mondo.
Negli anni novanta i gruppi ambientalisti (praticamente tutti) hanno sostenuto fortemente il movimento di lotta allo sviluppo urbano "incontrollato" (informale). Alcune delle loro argomentazioni si incentravano sull'estensione delle superfici asfaltate, sul deflusso superficiale delle acque piovane e sulla biomassa, ma in cima all'elenco delle accuse c'era il problema del riscaldamento globale. Obiettivamente il riscaldamento globale sembra essere un problema degno di nota, ma il collegamento tra questo fenomeno e lo sviluppo urbano informale è straordinariamente tenue. Il problema fondamentale non consiste nelle dinamiche abitative, ma nell'uso inefficace delle vecchie tecnologie e nel ricorso eccessivo ("patologico e sospetto") ai combustibili fossili come fonte principale energetica.
Non voglio partecipare o fomentare la polemica. Voglio solo osservare la realtà da un posizione sufficientemente "distaccata" da poter constatare che quando si parla dei problemi davvero catastrofici del mondo urbano odierno, il punto essenziale è rappresentato dalla necessità dell'individuazione di fonti energetiche più pulite. E' questo il problema che assilla soprattutto il terzo di popolazione urbana mondiale che vive con meno di un dollaro al giorno e versa in condizioni igieniche che gli abitanti del mondo benestante non possono neanche immaginare. Per tirarsi fuori dall'indigenza, queste persone avranno bisogno di un aumento e non una riduzione dell'accesso all'energia; perciò la soluzione al riscaldamento globale deve passare necessariamente da un mutamento tecnologico radicale, e non nascondersi dietro alla semplice conservazione o adattamento delle dinamiche abitative e suggerendo di ritornare ad uno stile di vita preindustriale, rifiutando così anche le implicazioni della estesa connettività tecnologica che caratterizza la società contemporanea.

Mutamento tecnologico radicale. Probabilmente radicale è di troppo. Adeguare è il verbo più adatto, quindi coniugato, adeguato.
Mutamento tecnologico adeguato. Adeguato a cosa? Alle esigenze del futuro. Non del momento. Del futuro. Non è particolarmente ostico come principio. Necessita di un briciolo di conoscenza ed una sprolveratina di senso civico.
Alcune realtà urbane europee avanzate utilizzano sistemi di cogenerazione ad impianto singolo e generano dei virtuosi "network" energetici utilizzando il surplus della produzione. E così si può pensare di fare con qualsiasi fonte energetica alternativa. Se si parte da questo presupposto, non si comprende per quale motivo una forma urbana ampiamente disseminata non possa impiegare l'energia con maggiore efficienza e non possa inquinare drasticamente meno di una città ad alta densità demografica. Come accennato prima, se si vivesse in una società dove ogni insediamento dispone della possibilità di autogenerarsi l'energia che gli serve, si potrebbe soddisfare a livello locale tutto il fabbisogno energetico sfruttando l'energia eolica, solare, geotermica, solare termica, cogenerata ed in composizioni virtuose di queste. Già si fa. Non sto parlando di previsioni future. Nel mio Studio stiamo realizzando una struttura che sfrutterà l'energia elettrica prodotta da un campo fotovoltaico per azionare delle pompe di calore svedesi integrate con delle pompe di calore geotermiche, per la totale climatizzazione e produzione di acqua calda dell'edificio.
In questo modo si potrebbe disporre, tra le altre cose, di una biomassa maggiore di quella di un centro cittadino asfaltato o di un campo di grano, che è una monocoltura. Nei paesi europei di cui sopra, sono già in molti a non basarsi su una rete elettrica centralizzata. D'un tratto, grazie alle soluzioni a bassa ed alta tecnologia, non stiamo più parlando di un fenomeno marginale, ma della concreta possibilità che un elevato numero di persone non abbia più bisogno di fare affidamento sul sistema delle "grandi condutture" che si sono rese necessarie per il sostentamento delle città industriali del XIX secolo, e lasciare che vengano invece utilizzate, a costi molto più bassi, per ospedali, scuole, mezzi di trasporto ecc. In attesa della fusione nucleare controllata che è molto più vicina di quanto si creda e che servirà essenzialmente per i mezzi di trasporto. Piaccia o no.

Ho una osservazione da fare a proposito della scarsa qualità delle teorie prodotte dalla quasi totalità degli ambientalisti italici (e non) a proposito dell'argomento in questione. Questa forse potrebbe sembrare una polemica ma non lo è. Assolutamente.
Uno dei principali punti deboli delle critiche sullo sviluppo urbano informale o incontrollato, è che sono critiche che si fondano sul modello di sviluppo urbano della città ottocentesca e che mancano di qualunque curiosità riguardo agli altri modelli urbani possibili. (.ricordate?....."noi non faremo mai la metropolitana".....)Pare strano che una categoria di intellettuali che si definiscono progressisti abbiano smesso dagli anni sessanta di interessarsi al progresso. Un tempo erano interessati al modo in cui l'innovazione tecnologica avrebbe potuto plasmare il futuro; ora, tutti questi sedicenti ambientalisti, sembrano aver sviluppato un'avversione per le prospettive del futuro, per la globalizzazione, per un commercio più libero, per l'ingegneria genetica ed anche per le opzioni urbane alternative. Continuiamo a parlare della scelta tra l'automobile ed il treno, ad esempio, ma sia l'una che l'altro (così come concepiti oggi) sono ben lontani dal rappresentare il sistema ideale; chiediamoci quindi quale potrebbe essere la prossima alternativa. Non ci sono più grandi impedimenti tecnici che ci impediscono di pensare che tra venti anni non si possa entrare nel proprio ripostiglio e prendere un veicolo che utilizza con un carburante ecologico e che si può guidare in strade strettissime senza rischi in quanto servo-controllato con un piccolo computer.
E che, a seconda delle necessità, può spostarsi in aria ad un'altezza più congrua in virtù della distanza da percorrere, ed unirsi come una carovana ad altri veicoli simili, che viaggiano ad alta velocità tra una parte della città e l'altra e, quando necessita, si stacca e scende riprendendo una strada a terra per raggiungere la propria meta. In Giappone stanno studiando qualcosa di simile da applicare ai loro treni superveloci. Quasi tutti voi avete in tasca un oggettino di plastica e chip che vi può tranquillamente indicare la strada, suggerire soluzioni alternative, farvi comunicare in tempo reale con l'altro emisfero, inviare progetti quando siete in metrò fuori città, correggere bozze di lavoro, giocare con i vostri figli ecc. Una piccola evoluzione e ci potremmo far anche trasportare. Basterà, come accennato, inventare un sistema di trasporto a bassa emissione nei prossimi vent'anni. Questa è sicuramente una questione cruciale.
Ma ce n'è un'altra, non meno cruciale: la nostra società riuscirà a venire a patti con l'idea che tutto quanto ci circonda contiene un chip, considerate tutte le potenziali implicazioni Orwelliane di questa situazione? Immaginando di dare risposte affermative possiamo completare le osservazioni iniziate sopra, e stimare che per viaggiare (uno degli aspetti più importanti della contemporaneità) si useranno soprattutto veicoli privati a bassa emissione, controllati da un sistema computerizzato. Tutti noi possiederemo un taccuino biometrico in modo da controllare costantemente la nostra salute e tutti gli oggetti che ci circondano comunicheranno con altri oggetti.
Per la società questo è immancabilmente un modello che permette di consumare 24 ore al giorno e, secondo noi, questo modello determinerà un consistente accumulo di persone nei centri urbani che attrarranno gli individui con tutto quanto ha da offrire la linda città in rete. E' estremo? Un po'. Ma molto di tutto questo succede già! Mancano solo alcuni dettagli e nel frattempo che si sistemeranno, alcune di queste citate diventeranno banali convenzioni.
E probabilmente nessuno si interesserà più a chi andrà ad abitare in centro.....


MP

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